Anche quest'anno è passato il 20 aprile, meglio noto a molti come 4/20 o "Weed Day". Sono in molti nel mondo a voler festeggiare in occasione della giornata ufficiosa della marijuana, partecipando a manifestazioni, fumate collettive, dibattiti sulle politiche e migliaia di altri eventi sul tema.
È una giornata di beata ipocrisia per milioni di fumatori negli Stati Uniti, dai quali ancora ci si tende prevalentemente ad aspettare un certo pudore nel manifestare il proprio apprezzamento per questa pianta. Il governo federale sostiene che la marijuana sia una droga illegale e pericolosa, senza alcun valore terapeutico riconosciuto e con elevato rischio d'abusi. Nonostante i ripetuti appelli alla riclassificazione, la cannabis si ritrova tuttora collocata nella lista compilata dalla Drug Enforcement Administration (DEA, ndt) delle sostanze "Schedule I" — che include fra le altre eroina, mescalina, LSD e una vasta categoria di stimolanti sintetici meglio noti come "sali da bagno". Il messaggio del governo è chiaro: la marijuana e la sua componente psicoattiva — il tetraidrocannabinolo, o THC — rappresenta una grave minaccia per la propria salute. Per avere un'idea più precisa della pericolosità di tali sostanze l'Huffington Post ha voluto compilare una lista di ogni singola persona morta esclusivamente a causa di un'overdose di marijuana. Non esiste alcun caso registrato di morte da overdose fatale di sola marijuana. E dall'ultima volta che l'HuffPost ha voluto dare risalto a questo fatto, nel 2013, nulla è cambiato. A quanto pare un'overdose fatale di marijuana — nella sua forma più comunemente ingerita — risulta impossibile. Nel 1988 un giudice della DEA s'era detto favorevole a riclassificare la marijuana in parte proprio a causa del suo basso profilo di rischio. Nella sentenza scrisse che bisognerebbe ingerire una quantità di THC fra le ventimila e le quarantamila volte superiore a quella contenuta in una singola canna per avvicinarsi a livelli letali di tossicità. "In teoria un fumatore dovrebbe consumare quasi 700 chili in un quarto d'ora circa per cagionare la [propria] morte", scrive il giudice Francis Young. Una ricerca più recente pare indicare che per risultare letale, la dose letale di marijuana dovrebbe essere perfino superiore. Per rischiare l'avvelenamento mortale bisognerebbe ingerire per via orale più di mezzo grammo di THC puro per chilo di massa corporea, stima un'analisi condotta nel 2014. Con un peso di 88 chili, l'americano medio dovrebbe ingoiare più di 43 grammi d'estratto puro al cento per cento di THC. Cosa quasi sicuramente impossibile, ma se pure lo fosse, significherebbe beccarsi in faccia questa "Dragon Ball". "È una quantità notevolmente superiore a quella che la maggior parte della gente andrà a consumare nel corso di una vita intera", osserva Jahan Marcu, capo scienziato all'Americans for Safe Access, organizzazione che sostiene l'uso medicinale della cannabis. Il fatto che non ci si riesca ad avvelenare con la marijuana non significa che la gente non ci abbia provato. È dalla preistoria che gli esseri umani si sballano, e per millenni la cannabis — sia nella sua forma floreale sia in quella concentrata di hashish — è rimasta uno dei nostri stupefacenti preferiti. Quando si tratta d'alterare il proprio stato di coscienza non è che la gente si mostri mai particolarmente prudente, quindi se una dose fatale di marijuana fosse stata possibile, l'impressione è che qualcuno se la sarebbe già fatta. Anzi, se un povero disgraziato fosse riuscito a incendiare la mole d'erba necessaria a superare tale macabro traguardo, state pur dannatamente certi che sarebbe entrato a pieno diritto nella leggenda. "La gente ha provato a ingerire quanti più cannabinoidi d'origine vegetale possibile, ma fra gli esseri umani non esiste alcuna overdose letale documentata", sostiene Marcu. I critici della marijuana potranno obiettare che il fatto che non sia mai accaduto non significa che non possa verificarsi in futuro. Spesso fanno riferimento alle concentrazioni crescenti di THC nelle piantine di oggi, quale causa di preoccupazione in vista di danni più gravi. Ma in questo modo non fanno che ignorare un aspetto fondamentale quale il contesto storico, ribatte Marcu. "Quando collochi quei valori in proporzione a quelli dei prodotti che sono stati a disposizione, e distribuiti, e commerciati nel corso dei millenni, essi in realtà risulteranno probabilmente inferiori alla dose che ti avrebbe venduto un commerciante marocchino di hashish un migliaio d'anni fa", sostiene. Anche se l'era di "Reefer Madness" non s'è ancora conclusa — basti ascoltare alcuni esponenti dell'amministrazione Trump — per il governo federale è sempre più difficile spaventare la gente di fronte ai presunti pericoli della marijuana. Con le decine di milioni di americani che sostengono regolarmente d'averne fatto uso nel corso dell'anno passato, [la marijuana] resta la sostanza illecita più comunemente usata negli Stati Uniti. Otto stati più Washington, D.C, hanno ormai approvato l'uso ricreativo della marijuana, anche se nella capitale la sua vendita resta vietata. In totale sono 29 gli stati che invece hanno legalizzato la marijuana a fini medicinali. Il rischio relativo rappresentato dalla marijuana comincia anche a sembrare meno spaventoso man mano che l'attenzione dell'opinione pubblica si va concentrando sulle devastazioni causate da oppioidi come l'eroina e il fentanyl, spesso mortali nonché in grado d'ingenerare un'elevata dipendenza. Nel 2006 una ricerca pubblicata su "American Scientist" ha messo a confronto la tossicità relativa della marijuana con le altre sostanze d'uso comune, incluse alcune legali. Scoprendo che negli esseri umani, rispetto alla dose minima efficace, una quantità appena dieci volte superiore di alcol, e cinque volte superiore di eroina, basterebbe a causare la morte. La marijuana s'è collocata fra le droghe meno tossiche. American Scientist L'alcol è ben più tossico di parecchie droghe illegali diffuse. Con questo non s'intende sostenere che l'uso ricreativo della marijuana sia sicuro o salutare quanto la totale astinenza da essa. E benché pure le ricerche scientifiche sui più basilari effetti fisiologici dell'uso della marijuana risultino tutt'ora incomplete e molto politicizzate, sono rari i casi in cui questi siano stati legati a controindicazioni preoccupanti. Le ricerche hanno scoperto che in alcuni casi il THC è in grado d'aggravare disturbi mentali preesistenti, specie fra i giovani. L'uso della cannabis è stato inoltre individuato — benché in modo contestato — come fattore che ha contribuito alla morte di alcune persone affette da problemi cardiovascolari preesistenti. Ma gli scienziati sostengono che la natura di questi nessi risulti spesso inconcludente, inconsistente e altamente dipendente dalle condizioni della persona che ne fa uso. "In alcuni casi l'uso intenso di cannabis è stato associato al possibile sviluppo di comportamenti psicotici, ad esempio, ma non sappiamo se esista un nesso di causalità", dice Sunil Kumar Aggarwal della scuola di medicina dell'Università di Washington. "Non potrei dimostrare che esista". In quegli stati che hanno legalizzato la cannabis i pronto soccorso hanno riferito un aumento nei casi di sindrome da iperemesi da cannabinoidi, una malattia misteriosa che causa intensi dolori addominali e vomito. Ma questi sintomi non mettono a repentaglio la vita di nessuno, e scompaiono non appena s'interrompe l'uso della marijuana, obietta Aggarwal. Benché una grossa dose d'erba non sia in grado di ucciderti, è di certo risaputo che questa possa indurre uno spiacevole genere di sballo che porta disforia, agitazione, ansia o panico. Disturbi che sul momento potrebbero anche dare l'impressione di durare un'eternità, ma che sono reversibili, e tendono a scomparire nel giro di poche ore. A volte l'uso estremo di marijuana può portare all'avvelenamento, o a un'overdose non fatale. Pure in quel caso però i danni a lungo termine non sono neanche lontanamente paragonabili a quelli di molte altre droghe. Aggarwal fa notare come l'uso eccessivo di un comune antidolorifico, come l'ibuprofen o il paracetamolo, possa causare gravi danni al fegato, ai reni o allo stomaco. "Coi cannabinoidi non assistiamo a quel genere di danni, soprattutto nella loro forma naturale", sostiene. È inoltre importante ricordare che il dibattito sull'uso della marijuana va ben oltre i festeggiamenti del 4/20 da parte di chi ne fa uso ricreativo. In molti già ne fanno uso in qualità di farmaco. E anche se il governo federale non è disposto a riconoscerne esplicitamente gli effetti terapeutici, farmaci da ricetta a base di marijuana come il Marinol e alcune cure a base di cannabidiolo per l'epilessia stanno a dimostrare che i benefici e i rischi di questa pianta non si possono tagliare con l'accetta come fa la DEA. "Prodotti derivati dalla marijuana e forme purificate di cannabis contenenti THC sono in circolazione da decenni, e sono stati prescritti per curare disturbi di natura neurologica, non per cagionarli", fa notare Marcu. "Se fanno tanto male al sistema nervoso e al nostro cervello, perché la prima persona a cui li diamo è qualcuno che soffre di sclerosi multipla, di HIV-AIDS, di una neuropatia, di un tumore, o un bambino malato?" Comments are closed.
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